Di Emanuele Begliomini

Si può soffrire per una retrocessione in Terza categoria, pur non essendo parte di quella società appena condannata a una discesa crudele? La risposta è sì, si può. E così accade oggi vedendo il destino toccato al Pistoiacalcio. Non pensiate alla pazzia, perché occorre una precisazione: per una volta, chi scrive abbinerà ai consueti panni di giornalista neutrale, quelli più atipici di tifoso, ex giocatore e amico di una società. Sì, anche i giornalisti hanno un cuore calcistico e in questo caso è legato proprio al Pistoiacalcio.  Il rammarico, potrete immaginare, è davvero forte: vedere una squadra retrocedere dopo sedici campionati filati in Seconda, lascia qualcosa in più del consueto amaro in bocca.

Anche se la discesa di categoria non è certo cosa grave per la filosofia societaria. Ma proprio per tale filosofia, la retrocessione assume un peso relativo non di poco conto nei confronti del campionato appena lasciato. Ormai era diventata consuetudine: tra tante squadre passate dalla Seconda, alcune sparite dopo una vampata, magari valsa una o più promozioni, la società orange era una garanzia. In quel del Boario, infatti, si intende il calcio in modo inusuale per questi tempi. A partire da Francesco Niccoli, presidente giovanissimo che ricopre il ruolo con la stessa passione avuta dal padre prima di lui. Silvio Chiti è il segretario storico e assieme a lui ci sono figure nutrite di attaccamento viscerale a quei colori. Sempre le solite, senza le quali verrebbe da ipotizzare un destino non proprio roseo.

Ad allenare c’è un giovane ex giocatore, mentre i calciatori non cambiano praticamente mai. Sì, perché lì si preferisce non mandare via nessuno e prima di prendere un rinforzo si pensa a quale risvolto potrebbe avere nel gruppo. In questo modo ci si espone certamente al peso degli eventi e non può andare bene ogni volta: dopo sette salvezze sul filo di lana, prima o poi capita una giornata storta. Ed è capitata in quel di Casteldelbosco (che diamine!, nemmeno un campo prestigioso per retrocedere). Il Pistoiacalcio mancherà ai rivali nelle sfide della domenica. Perché giocarci contro era diventato un passaggio obbligatorio. Mancherà la storia che si portava dietro,  legata a un campo in sabbia trasformato in sintetico e che, in questo modo, ha tolto un po' di quell'alone di squadra sfigata perchè costretta a giocare su un terreno figlio del post-guerra. C’è da ripartire adesso e, lasciata da parte la delusione,  sicuramente tornerà la voglia di farlo nel migliore dei modi. Perché in sessantuno anni di storia può capitare di toccare il vero fondo.  L’importante è mantenere il solito, dignitoso modo di fare. E sotto quel punto di vista, per fortuna, il Pistoiacalcio non è retrocesso.