Ancora riportiamo, molto volentieri, il bellissimo articolo di Emanuele Begliomini su Pistoiasport.

L'allenamento: Begliomini è il quinto accosciato La nuova, probabile rubrica dedicata al calcio dilettantistico. Il racconto dello spogliatoio vissuto dal vivo da un nostro giornalista… L’allenamento: Begliomini è il quinto accosciato

Non so se potrà diventare una rubrica stabile, o se si è trattato solo di un gioco di una sera. Allenarsi con le squadre dilettantistiche locali fa sempre bene al fisico e alla mente. Così, preso dalla voglia di restare in forma e di andare a trovare alcuni vecchi amici, ho deciso di rimettere le scarpe chiodate (a 13, sia mai) e allenarmi con il Pistoiacalcio. Preciso: mi piacerebbe assai cambiare squadra ogni settimana, raccontare climi e storie diverse, ma non so quanto questo sarà possibile. Però, pur sapendo di rischiare la faccia, ci provo e getto l’amo: se qualche società volesse farsi avanti e ospitare la nostra testata per un allenamento, ce lo dica e noi proveremo a non mancare all’appuntamento. Unica richiesta, una felpa da allenamento ufficiale o qualcosa del genere. Detto questo, sperando in altre nuove avventure a breve, ecco il racconto della seduta di mercoledì scorso con il Pistoiacalcio.

Una fredda sera dicembrina. Campo Boario, la polvere non c’è più. Quel rettangolo che mi ha visto crescere e che, in parte, giace sulla mia scrivania -non ditemi che sono l’unico ad avere un barattolo con la mitica sabbia del Frascari come reperto storico- ora è tutto in erba finta (chiamarla sintetica non mi torna granché). Ci si allenano in tanti, e in questo niente è cambiato rispetto al passato. Il mercoledì è il turno del Pistoiacalcio, squadra di Seconda categoria data in crisi di risultati e in risanamento societario. Il mister è un mio ex compagno di squadra, Francesco Massaro, mentre i dirigenti sono i soliti di qualche anni fa, con il presidente, Francesco Niccoli, davanti a tutti. Entro nello spogliatoio e il clima è buono: si scherza e ci si burla, anche se a gruppetti disuniti, complice quella panchina nel mezzo allo spogliatoio che divide la piccola stanza in due. Mancano in tanti, noto, causa infortunio o motivi di lavoro. Mi siedo su una panchina completamente vuota, un po’ in disparte. Una volta cambiato, esco e raggiungo quelli “già pronti” al torello. L’allenamento vero comincia con una dozzina di minuti di ritardo, i portieri vanno con il loro preparatore (Marco Dolci, l’unico estremo difensore che segnò una doppietta in Seconda categoria; ma giocava centravanti quella volta, sei anni fa); il capitano, Stefano Lazzarini, mi dà il benvenuto: “Mi sa che hai scelto il giorno sbagliato per venire a trovarci”. Due minuti dopo capisco il perchè. Il preparatore, Jacopo Mucci, prende la squadra sottomano e inizia una serie di corse a velocità alternata. Non mollo, rimango in fondo al gruppo assieme all’attaccante Mario Carrara, che deve recuperare da un infortunio, e Giovanni Ginetti che, invece, è il solito vagabondo (così mi dicono).

Tra annunci, foto e discorsi. Finita la corsa, il mister comincia a parlare della partita scorsa: “Ragazzi, ho visto un buon spirito ed è questo quello che voglio”. In effetti il pareggio con il Candeglia, per loro, è un risultato niente male. Terminata la brevissima analisi tecnica, ne approfitto per fare una foto che testimonia il racconto che state leggendo (quella presente nell’articolo). Durante lo stretching, il presidente entra in campo: con lui c’è Luciano Livi, storico ex mister della squadra. I due si avvicinano al gruppo; Niccoli prende la parola: “Volevo dirvi che Luciano torna con noi: sarà il nuovo direttore tecnico”. Scatta l’applauso dei giocatori. Poi, il presidente allunga il discorso: “Domenica è una partita dura e se faremo bene vi darò un premio” mentre con lo sguardo mi lascia la parola. Intervengo: “Il premio è di 100 euro ciascuno!”. Risata collettiva (in realtà la ricompensa è solo una cena: la mia parte di sindacalista non ha funzionato). 

Verso la fine. Si riparte con l’allenamento: dopo una serie di scatti e ostacoli, il mister prende la palla e fa un po’ di possesso. Io sono con i gialli. Ogni dieci passaggi consecutivi di una squadra, ci si ferma e chi non aveva il pallone deve fare dieci flessioni. Non ne faccio mai, mentre gli avversari sono stati costretti ad andare a terra ben tre volte. Mi pavoneggio, ma in realtà c’era il trucco: eravamo in uno in più. Il mister richiama ogni tanto qualcuno, dà qualche istruzione qua e là. Poi cambia: mette quattro porte e l’esercizio diventa mentalmente più impegnativo. Mi tolgo la casacca, la stanchezza inizia a farsi sentire e non solo per me. Stavolta perdo, ma niente flessioni. Si va a fare la doccia, scambio ancora battute con qualche giocatore che mi racconta il proprio stato d’animo. “Il gruppo è buono -mi dicono- ma ci mancano i risultati”. C’è qualcuno che ha portato le paste: il giovane Percussi ha pagato così l’esordio. Le buone regole, dentro le spogliatoio, sono sempre le solite. Pure il tè segue i canoni classici: è bollente, zuccherato e riposa in un thermos enorme. Saluto tutti, auguro in bocca al lupo e me ne vado. Ora vedremo se, come le Iene, anche noi porteremo bene. Al prossimo appuntamento, forse.